Alessandra Bello
Monte Rite

E’ davvero emozionante essere in macchina verso Passo Cibiana. La prima invernale dell’anno (e col senno di poi scopriremo tristemente che sarà anche l’unica a causa delle continue chiusure).
Siamo emozionati: saliremo il Monte Rite!
Arriviamo al passo e scendiamo dall’auto senza esitazioni: non vediamo l’ora di calzare le ciaspe e spingerci verso la cima.
Il sole non ha ancora fatto capolino dalle cime dietro di noi che siamo già in mezzo al bosco di buon passo.
Tutto è così magico, il cuore scoppia di gioia. La neve sospende il tempo e ha il potere di sintetizzare il paesaggio: disegnarlo, riassumerlo nelle sue linee principali.
Il Rite si cambia d’abito con la neve e diventa un magnifico disegno all’interno del quale perdersi.
La salita è piacevole e mai troppo faticosa. Io e C. alterniamo momenti di silenzi pensosi a momenti di grande ilarità fino a quando non arriviamo alla cresta finale.
L’aria cambia. Il vento soffia forte e gelato. Il fiato si mescola con l’aria fredda creando vortici di vapore che spariscono velocemente e i nostri occhi sono tutti per loro: Pelmo e Antelao.
I giganti si guardano l’un l’altro da un tempo indefinibile. Il tempo in effetti è una questione degli uomini e della loro storia. Su queste cime non c’è tempo.
Rifletto su questo e avanzo fino alla cima dove i resti del forte sono racchiusi all’interno del famoso museo di Messner. Mi siedo su un sasso in mezzo alla neve dura. Mi guardo attorno e percepisco il tempo, o meglio la sua assenza. Qui presente e passato si mescolano facendoti percepire una sorta di sospensione.
Sospensione.
Quanto ci è chiara ora questa parola.
Tutto si ripete: sempre uguale e sempre diverso.
Sospesi.
Qui la guerra era sospesa. In pausa. Aspettativa senza traguardi.
Qui tutto fu preparato ma la guerra si fece altrove. Noi oggi come i soldati allora. Sospesi.
La sospensione penetrava, piano piano, e scavava dentro. Scava e svuota.
Scava e soffia, soffia via quel vento vitale, quello che sta dentro. E ti lascia svuotato, privo di quel diapason, di quel motorino di avviamento che serve per far partire il motore. Tutto funziona. Ma manca il La.
E ti senti solo. Di quella solitudine che non sai definire. Ma non puoi agire: devi aspettare. Senti che ti stai svuotando, ma devi aspettare. Sei vivo ma non vivi.
Vorresti andare ma non puoi e, dentro quella nebbia fitta della sospensione, credi addirittura di non avere più la capacità di tornare a vivere la vita di sempre.
E non sai se sperare che arrivi; sì, che arrivi la guerra: per sentirti vivo.
La sospensione è una brutta bestia.
Eh sì.. ora capiamo meglio anche questa parte della guerra. Quanti ponti fra presente e passato.

Guardo di nuovo il Pelmo e l’Antelao. Per noi immortali, sospese da millenni, forti e bellissime.
La bellezza. Forse è la bellezza una delle possibili chiavi. La bellezza ci insegna a contemplare. A resistere. Tornerà il tempo in cui si potrà agire.
La guerra finirà. Lo sappiamo. Lo abbiamo letto nei libri di storia, innumerevoli volte.
Per me e per C. è arrivato il momento di agire, scendere su questa neve fresca e tornare al nostro mondo. Prima che lo sospendano di nuovo.
Oggi, come allora, non abbiamo un traguardo, una data da raggiungere, oltre la quale intravedere il nostro mondo di prima.
Forse la grande lezione del Rite è che NULLA SARA’ COME PRIMA. Ma qualsiasi sarà la direzione, sarà comunque avanti. Indietro nel tempo non si torna.
E via di corsa di nuovo sui nostri passi, lasciandoci scivolare verso giù, felici di aver scoperto che malgrado tutto, malgrado ci siano giorni su giorni che si tingono di nero pece si può solo andare avanti.
Restiamo vivi, restiamo vivi dentro!
Arrivati alla macchina io e C. non abbiamo potuto fare altro che brindare con un buon bicchiere di vino a questa nuova grande lezione della montagna.
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Buon viaggio! e al prossimo articolo!