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  • Immagine del redattoreAlessandra Bello

Punta del Ciadin, ovvero secondo tentativo all’Uomo

Aggiornamento: 25 nov 2021


Non abbiamo resistito a lungo. Abbiamo messo un giorno di riposo nel mezzo e poi via di nuovo a tentare l’Uomo. Da quando abbiamo fatto il primo passo per tornare indietro che ha segnato la rinuncia non facciamo altro che pensarci.

Sono passate meno di 48 ore e siamo di nuovo qui al Passo san Pellegrino a tentare l’Uomo per un’altra via.

Oggi puntiamo alla punta del Ciadin per poi fare la cresta fino alla forcella Uomo e poi finalmente all’uomo.

E’ un traccia di cui conosciamo solo una relazione percorsa però in piena estate: tentiamo.

La salita fino all’uomo piccolo la conosciamo a menadito: piste da sci chiuse. Salita faticosa senza pensieri. Andar su e basta.

Saliamo di quota e ci avviciniamo alle prime tracce inequivocabili: caverne scavate, postazioni, osservatori.

La roccia inizia a raccontarci di storie lontane e contemporaneamente si rende meno accessibile.

Richiede attenzione e chiarezza di intenti. Il passo deve essere fermo.

Arrivare alla Punta del Ciadin è tutt’altro che una passeggiata.

Il sentiero non è battuto e saliamo sulla roccia marcia mista neve. Non ci si può fidare di nessun appiglio. Tutto si muove. Noi speriamo solo di arrivare alla vetta per poi scavallare e arrivare all’uomo grande con roccia più ferma.

Continuiamo a salire, ormai siamo alti: tocchiamo quota 2800.

Idealmente all’uomo non ci manca molto. Siamo molto attenti e non parliamo più. Ognuno di noi pensa a dove mettere piedi e mani.

Il panorama dalla vetta del Ciadin lo conosciamo già ed è spettacolare... ma ci rivela qualcosa che non vogliamo accettare: impossibile arrivare all’uomo con tutta quella neve e la roccia marcia.

Non ci possiamo credere. Di nuovo l’Uomo da così vicino torna ad essere inarrivabile.

Bisogna tentare un’altra via.

In quell’istante un aquila vola vicino a noi e ci indica la via: dobbiamo tornare indietro. Di nuovo. Andare avanti è troppo pericoloso in queste condizioni meteo-nivologiche.

La presenza dell’aquila mi rende la rinuncia meno pesante.

Riprendiamo la strada del ritorno ma dobbiamo mantenere il livello di attenzione al massimo: se salire è difficile, scendere lo è ancora di più.

Quando arriviamo all’uomo piccolo tiriamo un sospiro. Torniamo a parlare e ridere.



Siamo delusi. Due tentativi all’uomo in 3 giorni non riusciti. Ma abbiamo comunque portato a casa un bagaglio importante: pezzi di storia, di uomini e di luoghi.

Arriviamo alla macchina. Posiamo l’attrezzatura e ci giriamo verso l’uomo.

Sappiamo che via faremo la prossima volta, il nostro terzo tentativo salirà diretto verso la forcella Uomo dal canalone. E sarà la volta buona, lo sappiamo, lo speriamo.

Torneremo. Senza neve.

Un ultimo sguardo all’Uomo prima di partire: un sussulto. L’aquila suggerisce che abbiamo fatto bene. In ogni caso abbiamo fatto la scelta giusta.

A presto.

A presto Uomo.

Più ci allontani.. e più noi ti rispettiamo.



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Buon viaggio! e al prossimo articolo!

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